"Viva Dio e San Silvestro e il Patriarca San Giuseppe e il Santissimo Sacramento"
Nella notte del giovedì che precede la penultima domenica di maggio, numerosi devoti, “i Ramara”, si radunano nella chiesa del Santo da dove ha inizio un toccante pellegrinaggio che a piedi li porterà fino alle lontane foreste nel cuore dei Nebrodi; qui, secondo il voto tradizionale, toccheranno e raccoglieranno le fronde dell’alloro. Alle prime luci dell’alba, dopo ore di faticoso cammino, i ramara giungono in una vasta radura, dove accendono i fuochi e preparano i bivacchi.
I pellegrini, dopo essersi ristorati e aver consumato prodotti genuini e caserecci accompagnati da buon vino, si dividono in due gruppi, alcuni rimangono al campo base, mentre altri si allontanano per andare a toccare l’alloro. Dopo alcune ore di cammino, giungono all’Anghira di Faccilonga, quasi un Santuario naturale, dove cresce l’alloro. Un alone soprannaturale e di letizia sembra incantare quel luogo, la voce della natura parla ai pellegrini. Tutto intorno è mistico: come ai tempi dei vecchi anacoreti si respira un profumo di delicati sentimenti e di santità. Da tanti secoli i troinesi hanno trovato all’ombra selvaggia di questo sacro bosco un legame indissolubile con il mistero; si sentono figli di una stessa stirpe e fratelli tra fratelli. In questo luogo giungono ogni anno recando in cuore con devozione una preghiera di ringraziamento, un’implorazione di aiuto, il poter ritrovare la pace dello spirito e rinnovare il coraggio per continuare sulla via del bene e della virtù, chiedere grazie materiali e spirituali, per intercessione dell'umile concittadino San Silvestro.
I ramara con l’ausilio di corde si calano giù per il pendio per raccogliere qualche ramoscello di alloro; un canto di ringraziamento spezza l’arcano silenzio del bosco. Domenica mattina alte aste di legno adorne di alloro e ricche di addobbi: fiori, bambole, festoni colorati, immagini sacre e altro, vengono portate in offerta al Santo in una suggestiva sfilata per le vie di Troina, tra il ritmo dei tamburi e l’invocazione “viva Diu e San Suvviestu e lu Patriarca San Giusieppi e lu Santissimu Sacramientu”. La domenica successiva si svolge con modalità similari la Ddarata. È un altro pellegrinaggio votivo altrettanto caratteristico: questa volta protagonisti sono cavalli e muli sfarzosamente bardati e carichi d’alloro.
Molto suggestiva è anche la Kubbaita. Tale termine di origine araba – “qubbiat” significa “mandorlato” - si usa in Sicilia per indicare il torrone. A Troina, invece, tale termine è passato per estensione ad indicare la cavalcata storica. Un nutrito gruppo di cavalieri vestito con costumi spagnoleggianti, preceduto da tamburini e trombettieri sempre in costume, apre il corteo; seguono i veri protagonisti della sfilata: sono tre cavalieri che cavalcano cavalli scelti e bardati con ricchi finimenti. I tre personaggi vestono un identico costume in stile cinquecentesco alla spagnola, e si differenziano tra loro per la colorazione dell’abito: uno è rosso-granato, uno blu e uno verde. Ogni cavaliere porta sulla spalla sinistra una piccola bisaccia piena di confetti, torroni e dolciumi. Un valletto che accompagna il cavaliere ed un palafreniere che regge le briglie del cavallo portano, dentro bisacce di seta, le provviste di riserva. Il singolare corteo, dopo aver percorso le principali vie di Troina, giunge in Piazza Conte Ruggero. In questa singolare cornice del centro storico, tra gli applausi e le grida gioiose della grande folla in attesa, avviene la caratteristica distribuzione della kubbaita. La particolare manifestazione per i costumi e le modalità di svolgimento si considera legata alla venuta e al soggiorno a Troina dell’imperatore Carlo V nel 1535. Non meno ricca di fascino è l’Uscita della Vara. Il sabato pomeriggio che precede la prima domenica di giugno il simulacro del Santo, raffigurato nell’atteggiamento liturgico benedicente della tradizione greca, viene condotto in processione dalla Chiesa Madre alla chiesa a lui dedicata in una pesante e sfarzosa Vara settecentesca rivestita elegantemente in lamine d’argento. Il lunedì successivo si concludono i festeggiamenti con il ritorno della Vara alla Chiesa Madre.