Monastero San Michele Arcangelo "il Vecchio"
Edificato alla periferia sud-ovest dell’antico abitato, il San Michele Arcangelo di Troina si ritiene comunemente sia stato rifondato intorno al 1081 d.C., durante la guerra di conquista normanna della Sicilia. Si conserva in trascrizione un diploma relativo alla costruzione del monastero per volontà del Conte Ruggero.
L’abbazia godette dei privilegi sanciti dal conte Ruggero. I privilegi del S. Michele Arcangelo vennero ulteriormente confermati e ampliati da Guglielmo II nel 1168, sotto l’egumeno Nicodemo. Il monastero entrò in regime di commenda certamente nel 1525, quando l’abate commendatario aveva diritto di voto nel parlamento siciliano. Subito dopo il terremoto del 1735 i vecchi edifici del monastero vennero abbandonati e i monaci trasferiti in un complesso limitrofo alla città.
Purtroppo il degrado colpisce progressivamente e inesorabilmente il complesso, tanto che alla metà degli anni ’70 il collasso delle strutture si può considerare ben più che avanzato. Ancora oggi si distinguono non meno di due fasi costruttive. Una fase raggruppa la parte più ampia e recente di quel che rimane del complesso edilizio, abbracciando un arco cronologico che comprenderebbe i secoli XVI/XVIII. Rientrano in questa fase i resti di una imponente chiesa priva di copertura orientata nord-ovest/sud-est e, intorno, gli edifici di servizio, come refettorio e dormitorio, di cui si rilevano avanzi molto consistenti. Si osserva anche la presenza di ambienti ipogei, probabilmente risultato dei crolli e successivi interramenti. L’insieme di questi ruderi si addossano parzialmente ai resti del monastero di origine normanna (XI sec. d.C.), che riposa nella porzione meridionale del colle. Delle parti dell’antico edificio sacro ben visibili ancora alla fine degli anni ’70 del XX secolo oggi si scorge ben poco e i pochi resti non sono di semplice identificazione. L’edificio sacro era orientato est-ovest, con le absidi rivolte a sud-est e l’ingresso a nord-ovest. Non è dato conoscere la copertura della chiesa, presumibilmente a doppio spiovente. Dalla ricostruzione in pianta si deduce la presenza di un’aula a pianta rettangolare, probabilmente divisa in due navate da doppia fila di colonne, di cui non è rimasta traccia. Il presbiterio era sottolineato dalla presenza di un transetto fortemente aggettante e triabsidato. L’abside centrale, profondo, aggettava dal transetto, presso il quale si innestavano anche le absidi laterali. La tecnica edilizia si evince dai pochi resti murari, si tratta di pietrame locale sommariamente sbozzato, disposto su assise e legato da malta di buona qualità. Si nota anche un uso abbastanza ricorrente di mattoni larghi e sottili. E’ probabile che ingressi e finestre avessero la consueta decorazione policroma a laterizi rossi, pietra bianca e pietra pomice nera. Non si esclude che l’esterno della chiesa fosse decorato con l’usuale teoria di lesene e archetti ciechi a tutto sesto che si intrecciano a formare archi ad ogiva.
Audioguida

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